Nella storia documentata è con Orso che comincia veramente il Liber Pontificalis. Pertanto, da Orso fino all’Arcivescovo Mauro, alla metà del VII secolo, abbiamo una serie di personaggi, quali vescovi e poi arcivescovi di Ravenna, da giustificare l’accumulo di dottrina biblica, la formazione di pensiero teologico, la sinergia con altre sedi ed esperienze, in una parola quella cultura che genera una committenza di distinta eccellenza. Inoltre, ben presto – cioè dai primi del V secolo – l’episcopato ravennate deve confrontarsi e cimentarsi con gli uomini e le donne della corte, e delle corti; deve misurarsi con intellettuali (si direbbe oggi) di rango elevato: si passa da Onorio, Galla Placidia, Costanzo, Valentiniano III ad Odoacre, poi Teoderico, Boezio, Simmaco, Cassidoro; poi a Giuliano Argentario, lo stesso Giustiniano e la sua corte (Belisario, Narsete, Procopio). E questi soli sono veramente i principali. Altri andrebbero aggiunti: vescovi come Pietro Crisologo e Neone, sono certamente alla radice delle concezioni teologiche che vengono dispiegate nei cicli musivi: in quelli scomparsi, in quelli trasportati (come l’abside di S. Michele in Africisco) e in quelli che veramente ammiriamo tutt’oggi con i nostri occhi.
Chiamato a succedere alla carismatica figura di Pietro Crisologo, Neone nei suoi circa 18 anni di mandato fa decorare con splendidi e significativi mosaici il battistero della cattedrale, tuttora visibili, fa edificare la basilica Petriana di Classe, così nominata perché avviata dal predecessore, ed altri edifici sempre caratterizzati dalla presenza di decorazioni a mosaico. Una lettera di papa Leone I Magno del 458 indica la sua collaborazione con la sede petrina.
Neone morì nel 468.