Un lungo processo di fusioni

“Nei primi anni del Cinquecento a Ravenna si contavano ancora sei ospedali, Santa Maria delle Croci, Sant’Apollinare (ad uso degli esposti), San Giovanni Battista, Santa Caterina, San Giovanni Evangelista, San Barnaba. Sei per una popolazione di certo inferiore ai 10.000 abitanti. Un secolo prima, cioè a metà del Quattrocento, le strutture erano molto più numerose, forse addirittura una trentina, tutte in mano di confraternite religiose e laiche. Si occupavano di sostenere i derelitti, di curare i malati, di accudire i fanciulli e le donne bisognose, di assistere i viandanti, i soldati, gli stranieri di diversi paesi. […]

Già nei nomi si leggono i residui certi di un vivace passato, intessuto di esuberanti dinamiche demografiche e di costanti transiti di uomini in armi, di mercanti e pellegrini sulla via di Roma, caratterizzato da alta densità abitativa. La contrazione urbana e la riduzione di scala, incessante dall’VIII secolo, degli interessi economici, dei traffici, della popolazione comporta necessariamente la diminuzione del numero e delle funzioni di molti degli istituti assistenziali: se ne perdono le tracce, sia nominali che topografiche. Anche alcune presenze certamente documentate in epoca posteriore, fino al XIV-XV secolo, corrispondono a volte a istituzioni poco più che nominali, monumenti della beneficienza cui gli arcivescovi ravennati erano tutori e dei cui privilegi (le esenzioni fiscali soprattutto) erano difensori. Dispersioni di beni, cattive gestioni, inefficienza dei troppi, o troppo piccoli organismi autonomi produssero tra la metà e la fine del XV secolo una rapida concentrazione che fu promossa dai predicatori itineranti, assunta dai vescovi, sanzionata dai pontefici, e diede luogo ad un generale riordino del sistema ospedaliero. […] La riorganizzazione delle procedure amministrative, la razionalizzazione delle funzioni assistenziali e la chiarezza nel distinguere il lavoro vero e serio di chi operava per favorire la popolazione indigente e di chi, al contrario, occupava solo un posto formale nella mappa sociale della città , avrebbe consigliato un po’ ovunque di potare radicalmente le ramificate e sterili espansioni assistenziali. Il processo di concentrazione ospedaliera si è realizzato però nel corpo delle città con qualche contrasto, incontrando a volte forti opposizioni.”

 

 

[Fonte: C. Giovannini, I luoghi dell’assistenza in L. Gambi, a c. di, Storia di Ravenna vol. IV Dalla dominazione veneziana alla conquista francese, Venezia, Marsilio, 1994, pp. 655- 656]